Presentazione sintetica della mostra
La struttura squadrata dei campi profughi tuttora abitati dalla maggior parte dei palestinesi della Striscia di Gaza costituisce la barriera più tragicamente familiare per chi fra le mura di quei campi è nato e trascorre la propria esistenza
Ma oltre i “campi”, oltre le Linee divisorie Gialle o Verdi tracciate dagli israeliani, oltre i posti di blocco militari, un muro di emarginazione rinchiude le donne palestinesi, negando loro la parola e lo sguardo.
Il Women Empowerment Project di Gaza ed il C.I.S.S. di Palermo hanno lavorato insieme per restituire alle donne la possibilità di raccontare la loro realtà.Le fotografie da esse realizzate hanno varcato le frontiere ostili che dividono i Palestinesi della Striscia di Gaza dal resto del mondo.
A cura di Mariangela Barbieri.
Con proiezione del documentario “Ana Min Al Majdal- un giorno con le donne di Gaza”.
Mariangela Barbieri, Sguardi di donne di/su Gaza
Un video e una mostra fotografica hanno supportato la testimonianza e documentato l’esperienza di lavoro di Mariangela Barbieri a Gaza, all’interno di un programma di formazione per formatrici iniziato nell’aprile del 1996 e, per quanto gli eventi più recenti lo consentono, tuttora in corso. Il programma si annovera fra quelli del “Women’s Empowerment Project”, nati all’interno del più ampio “Programma di Salute Mentale Comunitaria di Gaza”, il quale concentra le sue attività su tre gruppi sociali particolarmente vulnerabili: i bambini traumatizzati, gli ex prigionieri politici, e appunto le donne vittime di violenza.
Il “Women’s Photo/Video Training” intendeva e intende verificare le potenzialità del connubio fra il mondo femminile e la riproduzione dell’immagine di Gaza: città che viene rappresentata dal punto di vista delle donne, un punto di vista capace di superare le barriere militari, culturali, religiose e sociali che relegano e nascondono le donne palestinesi e le sottraggono allo sguardo del mondo.
Se consideriamo che lavorare sulla produzione e riproduzione di immagini per le donne palestinesi ha significato e significa incorrere in un atto sacrilego e irriverente nei confronti del Corano, comprendiamo come si tratti per loro di un atto radicalmente eversivo, e forse per questo capace di liberare creatività e senso di sé, consentendo allo stesso tempo una comprensione e un’interpretazione del drammatico contesto entro il quale queste donne si trovano a vivere: un’interpretazione che, implicando una profonda elaborazione del dolore, si carica di una struggente bellezza.