Per Il Paese delle donne, di Alessia Rocco
Raccontare “Raccontar(si)”
È impresa ardua raccontare “Raccontar(si)”, il laboratorio di mediazione interculturale ideato dalla Società Italiana delle Letterate e dal Giardino dei Ciliegi, in intesa con l’Università di Firenze, con il sostegno del Comune e della Provincia di Prato, del Comune di Firenze e del Progetto PortoFranco della Regione Toscana, giunto quest’anno alla quarta edizione.
Il tema di quest’anno era “Genere, diversità, culture”.
Ancora una volta la settimana si studio (28 agosto-4 settembre) si è svolta a Prato nella piacevole ospitalità di Villa Fiorelli, ostello ormai “familiare”, circondato dal Parco di Galceti che con i suoi pini profumava piacevolmente le passeggiate delle partecipanti nei rari momenti di relax.
Una delle novità principali di questa edizione è stata rappresentata dalla giornata conclusiva del laboratorio, che per l’occasione si è trasferito a Firenze nella splendida cornice dell’Istituto degli Innocenti, dove è stata presentata una giornata culturalmente molto varia e intensa, tra una tavola rotonda con la scrittrice Cristiana de Calda Brito, la mostra di pittura di Pina Nuzzo, la proiezione video di Elena Bougleux, le poesie di Lidia Palazzolo e le performance di teatro e danza.
La difficoltà del raccontare una esperienza simile mi deriva da molteplici fattori, primo fra tutti la ricchezza e la varietà del percorso che anche quest’anno “le maestre” (così noi Fiorelle più giovani amiamo definire le relatrici e le organizzatrici del laboratorio) hanno progettato per noi.
Un altro dei fattori che mi fa apparire sempre inadeguato il mio riferire risiede nell’aspetto “emotivo” che l’esperienza di Villa Fiorelli porta con sé, in particolare per me che lo vivevo già per la seconda volta e che sono parte integrante di quel gruppo di Fiorelle alle quali è stata dedicata una giornata da autogestire all’interno del laboratorio. Mi sembra sempre di non possedere il distacco necessario, al contempo, percepisco questa mancanza di distacco emotivo come un aspetto saliente, un tratto che mi accomuna con molte altre donne che negli anni passati sono state parte di questa esperienza e che continuano a far rete tra loro, a scambiarsi saperi, parole, emozioni e pratiche politiche quotidiane.
Il tema di quest’anno, come accennato in precedenza, è stato “la diversità”, declinata al solito in una prospettiva di genere, femminista, inter-trans/culturale.
Moltissimi sono stati gli spunti interessanti, rigorosi come sempre, ma non cattedratici, aperti alla commistione tra discipline, alla sovrapposizione, allo scambio, e anche al conflitto, che non è stato sfuggito e lasciato cadere, ma al quale è stato dato spazio ed espressione, in maniera tale da restituirgli quella valenza positiva e trasformatrice che lo contraddistingue dalla guerra, quella guerra della quale anche a Villa Fiorelli sì è sentito l’angoscioso e cupo rimbombare.
Gli interventi hanno spaziato nelle varie aree disciplinari, dalla riflessione antropologica sulla diversità propostaci da Elena Bougleux, a quella della storica Patrizia Gabrielli sui confini mobili e identità mutabili delle donne antifasciste; dalla nuova “antropologia” della “vita che non siamo noi” con la quale ci ha commosse e stregate Monica Farnetti, alle “dimore di carta” evocate da Clotilde Barbarulli e Luciana Brandi nel loro intervento, per il quale hanno scelto dei testi di scrittrici migranti permeati di ironia, e nel corso del quale hanno caratterizzato l’ironia come un luogo costruttivo in quanto luogo del conflitto.
Liana Borghi ci ha presentato una vibrante lettura del testo “Stonebutch Blues” di Leslie Feinberg calandolo nella cornice di Villa Fiorelli, declinando la diversità anche come diritto alla soggettività, all’unicità, alla costruzione del sé, citando parallelamente … Nafisi con il suo “Leggere Lolita a Teheran”.
E ancora: Clare Hemmings, Giovanna Covi che con puntuali interventi ci ha chiarite tante volte in momenti di fatica intellettuale; Susanna Zatta, Lori Chiti che “ci ha fatte guardare” e sorridere, a volte amaramente, ripercorrendo la storia delle donne nell’illustrazione sia come soggetti che come autrici, e ci ha regalato ancora le sue splendide strisce.
La filosofa Elena Pulcini ci ha condotte in una esplorazione del valore della differenza a partire dalla lettera del cardinal Ratzinger, mentre Mary Nicotra ci ha aperto una finestra sul mondo delle transizioni FTM (female to male) fenomeno ancora poco esplorato nell’ambito delle definizioni/indefinizioni dell’identità sessuale.
Una delle novità di quest’anno è stata la giornata che un nutrito gruppo di Fiorelle 2003, tra cui anche la sottoscritta, hanno avuto modo di autogestire. Il valore di questa giornata, le sensazioni che ci ha lasciato, la fatica che ci è costata, è andato secondo me molto oltre il nostro scambiarci nel ruolo di discenti/docenti; è stata un forte segnale, una forte pratica di anti-cattedraticità, non solo nostra per le modalità che abbiamo scelto, ma soprattutto delle “maestre”, che ci hanno investite della fiducia concedendoci questo spazio e ci hanno permesso di sperimentare pratiche di diversità, di incontro, di riflessione e di conflitto.
La giornata, dal titolo “Turba/menti di sguardi e di corpi”, è stata pensata e strutturata a partire dalle nostre diversità (di provenienza, studi, professioni) e dal nostro incontro con la diversità, con le donne migranti, con quelle che Elena Bougleux definirebbe “diverse come noi”.
A livello pratico la giornata si è articolata in due parti: al mattino, con una lettura “scenica” di alcuni brani che per ciascuna di noi rappresentavano l’incontro con l’”altra” o addirittura, in alcuni casi, con la lettura di propri testi in forma di diario; nel pomeriggio, con due workshop maggiormente incentrati sulla discussione.
La lettura scenica è stata pensata per frammenti, più o meno lunghi, che sono stati accostati in sequenza procedendo per catene di significati e/o per nuclei tematici.
Si è trattato di un esperienza molto positiva e al contempo molto faticosa, trattandosi di un gruppo abbastanza numeroso ed eterogeneo, come ben sa chi, come Kaha M. Aden, ha sperimentato la difficoltà nel coordinarci.
Questa esperienza mi/ci ha permesso di vivere quest’anno Villa Fiorelli sì come un “ritorno”, ma al contempo come un’esperienza profondamente diversa, abbiamo sì goduto intellettualmente ed emotivamente del laboratorio, tuttavia, così prese dall’organizzazione della giornata, forse ci siamo anche perse qualcosa, al livello umano per esempio, col rimpianto di non aver conosciuto tanto bene le nuove fiorelle.
Concludo dicendo che l’esperienza di “Raccontar(si)” è stata per me, per noi, e credo, per le altre che ci hanno precedute, un momento molto importante nella nostra formazione intellettuale ed emotiva come donne e mi auguro che questo progetto possa continuare ad esistere allargandosi e moltiplicandosi, non solo nell’occasione del laboratorio estivo, ma in mille altri intrecci e incontri su e giù per l’Italia e “tondo tondo” intorno al mondo, con l’impegno e l’augurio che con i nostri saperi e pratiche si possano far crescere mille e mille “fiorellini” di pace.
Alessia Rocco ( educatrice, mediatrice, Fiorella 2003 e 2004)