22 Fabrice Dubosc

Nel compito paradossale di aprire questo incontro sulle eredità plurali di Liana Borghi mi sono trovato di fronte a due difficoltà.

La prima è sorta nel momento in cui ho provato a immaginare cosa direbbe Liana oggi, a partire dal suo pensiero sempre situato, anzi dal suo sentir pensare… della mia difficoltà a farlo ma credo che vorrebbe che parlassimo di quanto sta accadendo oggi cercando tracce per riaprire connessioni di fronte al disvelamento continuo della nuova modernità coloniale del desiderio di un Grande Reset di una tecno-governance del mondo che la pandemia non ha fatto che accelerare. Nel paradosso di un intreccio energetico e finanziario sempre più globale le logiche di dominio geopolitico mai sopite tra diversi gruppi di potere interni al paradigma neoliberista riesplodono tra postdemocrazie occidentali e capitalismi totalitari per chi riuscirà a meglio fruire della gestione complessiva della tecnosfera. Ma esiste una temporalità diversa da cui emergono altri intrecci. E credo che a Liana starebbe a cuore che prendessimo parola per ragionare come tutto ciò interpella il pensiero critico sovente e anche i suoi fallimenti. Perché senza una tensione a cogliere la costellazione complessiva della crisi dell’umano e delle sue forme di dominio e senza un campo percettivo del sentir-pensare che riconnetta diffrattivamente a una diversa temporalità non riusciremo a cogliere i lineamenti di un lutto necessario per la vita della specie e delle specie.

La seconda difficoltà è più personale. Fare iniziare me significa cominciare dalla fine, anche se forse questa non-linearità temporale forse a Liana sarebbe piaciuta. Ho incontrato Liana solo nel 2018 a un incontro al Giardino sul declinare. Entrando con qualche timidezza in un nuovo contesto sono stato immediatamente toccato dal calore dell’accoglienza, di Liana. Così la declinazione e anche il declino si sono intrecciati con nuovi inizi e nuove passioni condivise. Sono anche consapevole del limite intrinseco di questa parzialità tardiva rispetto alla ricchezza della sua eredità e come ho detto ho resistito al turbamento di dover aprire questo momento condiviso. La mia relazione con Liana era iniziale, aurorale, piena di suggestioni aperte al futuro., ma ero colpito dalla immediata risonanza, curiosità e desiderio di esplorare la fiducia, la sua apertura, il desiderio di proseguire…il suo discernimento relazionale.

Le nuove passioni visceralmente condivise hanno avuto a che fare con la lettura di un libro, These wilds across our fences – Terre selvagge di là dagli steccati del filosofo decoloniale nigeriano Bayo Akomolafe, tanto che Liana si è poi unita a un gruppetto che includeva anche Roberta Mazzanti, Maria Nadotti e Tamara Taher che ha deciso di seguire i quattro mesi di corso di Bayo sulla fuggitività, sul danzare nelle fratture e nelle crepe della modernità, tra le rovine del capitalismo. Un corso che Liana ha seguito con immutata passione e consapevole dispiacere di non poter continuare fino alla fine.

Quando le avevo mandato il libro mi aveva risposto che lo leggeva prima di dormire e ogni notte la lettura attivava sogni complicati. Mi aveva scritto.

“mi emoziona troppo…. ascoltando prima e leggendo Bayo poi, per me è stato come trovare davvero un fratello con un riconoscimento raro delle cose che da tempo mi attraversano….. la lettura di Bayo muove il mio desiderio… ci sono varie sezioni transfemministe  di Bayo che vorrei tradurre e condividere …. quelle sull’abbracciare i mostri – in cui parla anche dell’incontro con Barad — e il seguito sul nuovo materialismo, l’epistemologia femminista, la rilettura di Lilith, la transrazzialità.

Per qualche mese ci siamo incontrat* quasi settimanalmente per confrontarci con quanto emergeva dal corso e Liana poi ci scriveva così:

Un tempo oggetti e paesaggi mi si trasformavano facilmente in parole — ora mi manca il tempo del sogno parlato, ma posso sempre condividere qualche obsoleta poesia. Vorrei vedere quale forma prende il pensiero circolando tra noi… in diffrazione.

Vorrei concludere con due brevi passaggi che Liana ha condiviso con noi, in risonanza con quanto man mano emergeva nel corso, e poi con una sua riflessione contemporanea.

La prima risonanza da un suo testo sul cuore situato:

Camminare, parlare cuore a cuore con gli altri, richiede riconoscimento reciproco, interpellare come soggetto “tutto ciò che esiste”, inclusi umani, animali, e l’ecosistema, di cui vanno riconosciuti il valore, la grandezza e la dignità (López Intzín 2015b). È necessario decostruire quello che i conquistatori ci hanno imposto, e guardare il mondo da quel cuore situato che è il centro delle nostre comunità e dei processi collettivi. Dobbiamo abbandonare la finzione dell’individualismo  ragionando che è una finzione neoliberista. Il corpo è una soglia, il noi include sempre loro; la comunità globale è interdipendente. Pensare oltre i limiti dell’imprinting storico e liberista, oltre i limiti del possibile, è una forma di azione politica collettiva. Dobbiamo coltivarerelazioni solidali, vincoli reciproci tra vita e vivente, una forma critica di persistenza comune dove la pratica nonviolenta “diventa il desiderio per il tuo desiderio di vivere”.

Il secondo da un suo testo sul fallimento:

Perché il fallimento offre anche modalità alternative del sapere e del vivere, e ci incoraggia a fallire meglio, a saper dimenticare, a costruire narrazioni altre, a perdere e perderci piuttosto che ri/trovarci (156); quindi a considerare un fallimento felice e produttivo come un modo di stare al mondo, pensare al fallimento in termini queer può essere un’arte di sopravvivenza nomadica al tempo dello spread.

E finalmente un mese prima di mancarci ci scriveva

Barad mette in scena una esemplare lettura diffrattiva in “Quantum Entanglements” (2010), intrecciando eventi con le loro infestazioni temporali: passato presente e futuro non in svolgimento lineare, ma infilati in una ripiegatura non lineare di tempo-spazio- materia, una topologia che esclude qualsiasi suggerimento di piatta molteplice continuità… Il tempo è diffratto attraverso sé stesso… tempo di guerra, tempo della scienza, tempospazio, tempo immaginario, tempo mitico, tempo del racconto, tempo ereditato, un tempo per nascere, un tempo per morire, fuori del tempo, poco tempo, tempo sperimentale, ora, prima, a-venire … infilati uno dentro l’altro, annodati, aggiuntati, fratturati, ogni momento un ologramma, ma mai intero… Il tempo è fuori asse, scardinato, infestato, spettrale. Ogni scena diffrange varie temporalità, differenziando e intrecciando dentro e insieme il campo della spaziotempomaterialità.

grazie