Un Convegno al Giardino dei Ciliegi
in collaborazione con la Società Italiana delle Letterate
e con il patrocinio del Dipartimento LILSI, Università di Firenze
DE/CLINARE
percorsi di sottrazione nelle narrazioni di
movimenti, pratiche, corpi
Firenze, 7-9 dicembre 2018
Poiché la lingua riflette le dinamiche del potere nel mondo, intendiamo lavorare sul prefisso “de” quando indica sottrazioni a concetti, campi, azioni, situazioni che concorrono all’oppressione o all’esclusione.
Per dare un esempio, il termine inglese othering/alterizzare (usato anche da Gayatri Spivak) indica l’assegnazione di alterità, quindi di esclusione culturale e politica, mentre de-othering ne ribalta il senso.
Il de può quindi esprimere antitesi aprendo a un valore nuovo, può trasportare verso altri luoghi politici, culturali, sociali, affermare come vorremmo vivere, invitando a de-naturalizzare i rapporti di potere. Il de è lo spazio e la voce del doppio no all’ovvio che cerca di convertirsi in teoria e in valore; del no alla proliferazione di ciò che ha oppresso e opprime con arroganza, violenza, sfruttamento, dominio, doxa.
Siamo state catturate dal passaggio dal post-colonialismo al de-coloniale, teorizzato e praticato al fine di de-colonizzare i saperi e l’immaginario per sottrarli al predatorio dominio capitalistico.
Nei contesti più vari esistono pratiche di resistenza femminista e dis-apprendimento della visione capitalista e coloniale, che possono contribuire a una lettura critica delle categorie con cui analizziamo la contemporaneità. Per esempio, il femminismo de(s)coloniale, afferma Marìa Lugones, considera il genere una imposizione coloniale che ha assistito fin dall’arrivo di Colombo alla de-umanizzazione dei corpi dei
popoli colonizzati nelle Americhe tramite razzismo, sessismo e lo sterminio dei saperi.
Per il metodo, siamo tornate a José Esteban Muñoz, per le sue idee sul dis-identificarsi, su come negoziare discorsi che ci interpellano a identificarci, come lavorare su, con e contro i processi culturali, praticando inserzioni sovversive, contestando bianchezza, eteronormatività, razzismi e misoginia, creando un contro-pubblico.
Ci siamo quindi poste il problema di quali narrative possano descrivere eventuali percorsi di sottrazione nei movimenti, nelle pratiche, riguardo ai corpi, e ci sembra poter offrire spazio per un’ampia scelta, dalla fiction alla testimonianza, alla teoria, alle arti. Ci aspettiamo la condivisione di riflessioni sulle strategie del de-clinare, di cui anche questa volta Ursula Le Guin ci mostra un percorso, se rileggiamo The Dispossessed: An Ambiguous Utopia (1974, I reietti dell’altro pianeta) dove esistenza, società e politica dipendono dal de-clinare momento per momento la propria dis/identificazione con il capitalismo.
Quanto alle nostre pratiche, speriamo che riaffiorino esempi – utopici e distopici – del comune, della comunalità, del condividere affinità e progetti. E quanto ai corpi, frammentati e assemblati che siano, vorremmo chiedere come renderli leggibili e intelligibili in costruzioni sociali attuali o in un mondo postgenere dopo il crollo dei dualismi. E a chi partecipa chiederemmo quali dispositivi e strategie possano coltivare passioni ugualitarie, desiderio di giustizia, opposizione all’intolleranza, alla violenza epistemica, all’oppressione, al dominio.
Il Convegno si svolgerà dal venerdì pomeriggio alla domenica mattina su testi letterari e teorici collegati a temi come: le radici coloniali dell’antropocene e la decrescita; la svolta de(s)coloniale, neocolonialismi e femminismi; degener/azioni: gender, generi, generazioni; detenszioni: corpi, confini, confinamenti; de/contaminazioni e aggiustamenti intersezionali…
Se parlare di questo vi interessa, se volete partecipare al convegno, scriveteci!
Clotilde Barbarulli, barbarullim@gmail.com
e Liana Borghi, liborg@cosmos.it
www.ilgiardinodeiciliegi.firenze.it