È estremamente difficile rendere a parole la complessità e la ricchezza dell’esperienza di Duino. Per questo motivo ho scelto di affidarmi all’aiuto di un’immagine, presa da un intervento che mi ha colpita particolarmente. Mi riferisco all’oggetto-panchina, meravigliosamente descritta da Clotilde Barbarulli.
Al di là del valore e della profondità e, per quanto mi riguarda, in molti a casi anche della novità dei contenuti che sono emersi durante la settimana di scuola, io credo che il significato della panchina riassuma un po’ in sé quella che è l’essenza di Duino.
Nel mondo in cui viviamo, così caotico e pieno di molteplici realtà, ma al tempo stesso messo forzatamente in un ordine schematico attraverso la costruzione di frontiere, che ci separano ed assegnano a ruoli ed identità artificiali, e che ci costa estrema fatica scavalcare, Duino costruisce una panchina, un luogo che sta sulla frontiera e che ci mette tutte in comunicazione ed in relazione.
In quelle stanze che si affacciano su di un mare azzurro e calmo, interrotto all’orizzonte da una terra che sta dall’altra parte rispetto a noi, ma che possiamo vedere, ci siamo viste anche noi, abbiamo aperto i nostri cuori e le nostre menti alla condivisione di saperi, affetti, storie. Per una settimana abbiamo abitato quel mondo che vorremmo, che ci ha trovate insieme nonostante le differenze di età, ruolo, cultura.
Le contaminazioni a Duino sono volute, invitate, favorite. Il «senza valore» della relazione è il valore cruciale e fondante di questa esperienza, che si articola in una generosa messa a disposizione di conoscenze, emozioni, percorsi di vita, racconti di gioia e di incontri, di ferite e di perdite, in silenziosi dialoghi fatti di passi in mezzo ad un bosco, nella disposizione al reciproco ascolto.
La panchina di Duino non viene rimossa allo scadere dei sette giorni, ma rimane lì anche dopo che le porte del collegio vengono chiuse, dopo che prepari la valigia, saluti le tue compagne e sali sul treno. Ritorna davanti ai tuoi occhi quando scegli un libro, quando leggi una e-mail, quando guardi un film o un’immagine, quando prendi tra le mani un oggetto, quando osservi il mondo, quando provi nostalgia e quando torni l’anno dopo
L’insegnamento più grande che ho avuto dalla scuola è che la ricchezza vera, quella fatta di curiosità, interesse, sentimento, passione, sapere e compagnia, non è limitata, non scade e non è troppa. È ricchezza che chiama ricchezza, e che chiama te a parteciparvi.
Federica Soddu
RIFLESSIONI SU DUINO.
Una vola tornata a Sassari, la mia città d’origine, mi è stato chiesto “Di cosa si è parlato a Duino? Cosa avete fatto?”. Io mi sono meravigliata perchè la mia risposta era incerta e poco chiara.
Raccontare quella settimana così intensa è stato difficile perché oltre alle conoscenze acquisite si sono apprese sensazioni ed emozioni difficili da descrivere a parole.
L’arrivo per me è stato “burrascoso”; l’emozione di iniziare la settimana in cerchio, tutte sedute una di fronte all’altra, per annunciare l’oggetto portato con sé, è arrivata incontrollata e mi ha sovrastata perché l’indumento che io portavo era tanto caro che condividere ciò che rappresentava mi ha colpita e travolta. Una volta trascorsa la settimana è arrivato il momento di rispiegare l’oggetto non solo alle altre ma anche a sé stesse. Questo è ciò che mi è successo, ho pensato al significato profondo che rappresentava quella maglietta e mi sono resa conto che i miei ragazzi, la mia associazione sono parte della mia vita, della mia famiglia. Esprimere a parole sentimenti così intimi è stato dirompente ma mi è servito per ritrovare la carica che forse avevo perso.
Un altro aspetto che mi ha colpito particolarmente si riferisce al taglio così comunitario che si è voluto dare a quei 7 giorni: mangiare nel tavolo tutte insieme, dormire una accanto all’altra, continuare le discussioni aperte nei dibattiti durante una passeggiata ci coinvolgeva ogni giorno di più perché si aggiungevano riflessioni, pensieri e divagazioni. Il silenzio durante la passeggiata notturna tra i boschi, il bagno rubato nel mare di Duino, l’obolo per il bicchiere di vino mi divertivano e piano piano mi sembrava che quel gruppo di donne divenisse ogni giorno più unito.
Il mio ricordo di quei giorni è una grande panchina con tante donne sedute, sdraiate e appoggiate, che ridono, studiano e si raccontano.
Giulia Brianda