Traccia per la scuola di Velletri, 31 agosto 2011
Clotilde Barbarulli
Il corpo nelle scritture migranti
I corpi prorompono dalle scritture ai crocevia di lingue e culture: sono corpi che non contano, affiorano dai cimiteri marini del Mediterraneo, sono rinchiusi nei Cie; sono corpi neri risucchiati dagli stereotipi, corpi feriti da perdite e da guerre, corpi violentati, prostituiti …. Ma – pur nella precarietà dell’oggi – sono anche corpi desideranti, mossi da progetti di vita e di speranza in un “Desiderio così totale da strappare radici, da sfidare cicloni” (Ubah). Se non c’è esperienza dell’io che non sia esperienza del mondo in una circolarità senza fine (Borgna), il sociopolitico determina il
nostro sguardo, di speranza o di disperazione, sulla realtà: cambiano i modi – a seconda dei contesti storici – in cui il mondo ci chiama e ci parla, e , nello stesso tempo, le nostre emozioni, riflettendo i cambiamenti, trasformano la percezione di luci e ombre della realtà (cfr. Zambrano). Il corpo così non è solo oggetto di sguardo, di abuso, non è solo corpo che si scrive, è anche il corpo che resiste e scrive, creando uno spazio poetico e
politico di denuncia, di transiti, utopia….